
La battaglia dell’Italia contro la shrinkflation inciampa su un ostacolo europeo. La Commissione Ue ha infatti acceso i riflettori su Roma, aprendo una procedura d’infrazione con l’accusa di aver violato le regole sulla libera circolazione delle merci. Nel mirino c’è la legge voluta dal governo Meloni, che obbliga i produttori a indicare sulle confezioni quando il contenuto si riduce senza che il packaging cambi, un trucco per camuffare i rincari. Introdotta con la legge sulla concorrenza di fine 2024 e fortemente sostenuta dal ministro Adolfo Urso come scudo per i consumatori, la norma non ha però passato l’esame di Bruxelles.
Tutto nasce da un passo falso: l’Italia non ha rispettato le procedure Ue, saltando il periodo di standstill di tre mesi necessario per consentire alla Commissione di valutare l’impatto sul mercato unico. Un errore già segnalato a gennaio da Vitalba Azzolini su Pagella Politica. Così, è arrivata la lettera di messa in mora, primo atto di una procedura che mette in discussione la proporzionalità della misura italiana. Secondo Bruxelles, ci sarebbero modi meno invasivi per tutelare i consumatori, come cartelli informativi vicino ai prodotti, senza intralciare il libero scambio.
Nonostante il rinvio dell’entrata in vigore a ottobre 2025, deciso per adeguarsi alle richieste Ue, la Commissione non ha mollato la presa. L’Italia, però, non ci sta a fare marcia indietro. Massimiliano Dona, numero uno dell’Unione Nazionale Consumatori, incoraggia il governo a tenere il punto: “Non cediamo alle pressioni. Serve una regola comune per tutti i Paesi, un passo avanti per i diritti dei consumatori”.
Ora Roma ha due mesi per rispondere e convincere Bruxelles. Se fallisce, si passerà alla fase successiva: il parere motivato, un altro gradino verso un possibile scontro aperto con l’Europa. La lotta alla shrinkflation si fa sempre più incandescente!